1955. Un ponte supera la grande muraglia
I racconti di Bobbio e Calamandrei restituiscono la memoria ai cinesi
Esce finalmente in Cina l’antologia del numero speciale del Ponte 1956 “la Cina d’oggi” [il titolo, tradotto dal cinese, è Il ponte dell’amicizia tra Italia e Cina], a cura dell’italianista Yang Lin e di Letizia Vallini dell’Università Nankai di Tianjin. Si tratta della sintesi del viaggio della delegazione culturale italiana che visitò la Cina dal 24 settembre al 24 ottobre del 1955 su invito dell’Associazione degli scrittori cinesi con tappe a Pechino, in diversi centri del nordest, e nelle città di Shanghai, Hangzhou e Canton.
Ne facevano parte i professori Norberto Bobbio, Piero Calamandrei, Emilio Durio, Rodolfo Margaria, Cesare Musatti, il patologo Lucio Benedetti, lo psichiatra Rosario Ruggeri, gli scrittori e giornalisti Franco Antonicelli, Umberto Barbaro, Carlo Bernari, Rocco Cacopardo, Carlo Cassola, Franco Fortini, Corrado Pizzinelli, Antonello Trombadori e Maria Regis, l’architetto Franco Berlanda, il pittore Ernesto Treccani.
La visita, assieme a quella di Pietro Nenni dello stesso anno, costituisce una prima tappa nella costruzione delle relazioni tra i due paesi, entrambi dotati di una storia millenaria. È la pubblicazione gemella del numero dell’ottobre 2020 del «Ponte», progettato insieme nella prospettiva del cinquantesimo delle relazioni Italia-Cina poi ridimensionato dalla pandemia. Ed esce nell’anno che segna il settecentesimo anniversario dalla morte di Marco Polo.
Quando abbiamo lanciato il progetto della duplice edizione Yang Lin aveva già fatto conoscere Franco Fortini e Carlo Cassola, due scrittori membri di quella delegazione, ai lettori del Quotidiano del popolo ma, se in Italia siamo riusciti a rientrare nella scadenza anniversaria, in Cina c’è voluto un po’ di più. Ma forse i ritmi sono dovuti anche a fattori interni e di relazioni reciproche, oltre che all’impegno complesso di traduzione assunto dagli studenti di Nankai sotto la guida dei loro docenti.
In Italia nel frattempo è stato edito anche Sguardi dal ponte, uno splendido volume fotografico a cura di Silvia Bertolotti, che raccoglie saggi e documentazione su quel viaggio, compresa una foto del ponte di Marco Polo, la stessa immagine della copertina volume cinese dal titolo Il ponte dell’amicizia tra Italia e Cina. Un buon auspicio, nell’anno in cui il settecentesimo anniversario della morte di Marco Polo ha dato luogo a segnali interessanti di interlocuzione. Perché quest’anno i cinesi ospitano una bella mostra italiana su Marco Polo ed hanno riproposto l’antico sceneggiato di Giuliano Montaldo che aprì ai cineasti italiani non solo la Città proibita ma tanti luoghi fantastici che sarebbero poi divenuti mete agognate del turismo globale.
In Italia si può ancora vedere su RaiPlay e, anche se un po’ datato, può farci riflettere sull’opportunità che ci fu offerta nella fase dell’apertura e delle riforme inaugurata da Deng Xiaoping. Quello sceneggiato, riprodotto in più di quaranta paesi, veicolò un’immagine della Cina millenaria che sembrava essere stata cancellata dalla Rivoluzione culturale e fu un messaggio promozionale di cui la Cina ci è sicuramente grata. Dopo la Cina troppo spoglia immortalata dal documentario di Michelangelo Antonioni, infatti, ecco una Cina che rievoca il suo passato imperiale grazie al personaggio di Marco Polo uscito dal cappello della narrazione cinese inverando in qualche modo il messaggio di Piero Calamandrei che annota nel suo diario di viaggio il 14 ottobre 1955:
«,Al Ponte di Marco Polo. Andiamo coll’interprete: traffico contadino carretto trascinato da ciuchi, piccoli cavalli, piccoli buoi. Un cammello. Moltissime biciclette pedicab. Circa 15 chilometri. Sul ponte: al di là per fare la fotografia delle arcate, passo tra noccioline del Brasile distese in terra. In capo al ponte venditori di kaki. Ada conta i leoni, tutti differenti e decorati da medaglia. I leoni colla palla sotto la zampa, le leonesse coi piccoli. Un uomo che passa col carretto e che vede che contiamo dice: dovete contare anche i piccoli, centoquaranta per parte. In fondo monti come le Apuane: viti, cotone, sorgo».
Piero Calamandrei aveva visitato il Ponte di Marco Polo insieme alla moglie Ada, mentre il resto della delegazione italiana aveva già raggiunto Shanghai. Non era una tappa della visita ufficiale, infatti in quella fase i cinesi non avevano ancora riscoperto la sua valenza promozionale. Rimasti bloccati a Pechino per problemi di salute di Piero, la gita venne organizzata privatamente, e le fotografie del Ponte ritraggono la meraviglia e l’emozione della coppia, accompagnata dall’interprete Hongxing.
Quella giornata sarebbe divenuta lo spunto del suo editoriale per il numero speciale del Ponte dedicato alla Cina intitolato appunto Il ponte di Marco Polo: cosa c’era di meglio di un ponte ad assurgere a funzione simbolica del dialogo, per agevolare l’invito ad andare oltre la Grande Muraglia? Senza dimenticare il logo della rivista di Calamandrei, in cui su un ponte distrutto dalla guerra un omino attraversa su una passerella, intento ad un’operosa ricostruzione. Rispondendo al grande scrittore cinese Lao She, che aveva accolto la delegazione italiana e inviato una lettera personalmente vergata per il numero speciale, sottolineando la strada della cultura che univa Pechino a Roma, Calamandrei scriveva:
«A dieci miglia da Pechino sul fiume Hun Ho la strada passa su un antichissimo ponte monumentale, del quale Marco Polo, che vi passò, ha lasciato una descrizione ammirativa.[…] Per questo si chiama anche oggi il “ponte di Marco Polo”: attraverso quel ponte la cultura cinese e quella italiana possono ancora incontrarsi e comprendersi».
È interessante comparare le due antologie della pubblicazione del 1956: al pubblico cinese, che deve confrontarsi con periodiche cancellazioni di memorie e documentazioni, le descrizioni della Cina alla metà degli anni cinquanta, sia pure fatte da ospiti stranieri, sono argomento di grande interesse, mentre a noi possono apparire datate ed appaiono più rilevanti le riflessioni di Bobbio e di Calamandrei sulla prima Costituzione cinese ed il ruolo della magistratura, argomenti che invece risultano “sensibili” nella Cina di Xi Jinping, e potrebbero incorrere in censure.
Pur nella differenza, la duplice pubblicazione è un segnale positivo, e personalmente sono grata alla tenacia di Yang Lin e alla disponibilità della professoressa Luo Hongbo, esperta di politica europea, di firmarne la prefazione, nella quale troviamo anche un significativo omaggio a Norberto Bobbio, citandone le traduzioni in cinese. Scrive Luo:
“L’amicizia delle nazioni sta nell’affinità dei popoli, e l’affinità dei popoli sta nell’affinità dei cuori. Gli scambi culturali sono un modo sicuro per raggiungere la comunicazione cuore a cuore, che può consentire a persone di Paesi e regioni diverse di comprendere meglio la storia, i valori, le tradizioni, i costumi e le caratteristiche culturali dell’altro, in modo da eliminare i malintesi e gli stereotipi, e migliorare la comprensione e la fiducia reciproche”.
Nel corso del 2024 in Italia tante istituzioni culturali, universitarie e fondazioni hanno reso omaggio a Marco Polo, alla sua curiosità e al suo dinamismo mercantile, in funzione di un dialogo che può contrastare i venti di guerra che aleggiano nel mondo. Chissà che la celebrazione di Marco Polo non possa essere un utile tappa di superamento delle muraglie che dividono e di ritessitura di un dialogo che sembrava interrotto. La nuova Via della Seta era forse troppo ambiziosa, ma la Cina offre nuovi ponti?