1974. Il libretto di Gae Aulenti
Le foto e i diari dell'architetta milanese descrivono una Cina "egualitaria e non consumistica" (per gentile concessione della casa editrice Humboldt Books)
Quella che Aulenti percorre è una Cina relativamente isolata dal resto del mondo, che cammina sulle due gambe dello sviluppo industriale e del lavoro agricolo e artigiano, egualitaria e non consumistica. Ma che lei non manca di apprezzare paragonandola all’India per il suo ordine e la sua compostezza.
A Canton annota: “la vecchia città ha portici continui. In India sarebbe sfasciata e sporca. Qui è pulita, ordinata, con la gente che torna dal lavoro, traffico intenso e ordinatissimo, negozi pieni di mercanzie”.
Alla Fiera internazionale di Canton fotografa “mobili, televisioni, biciclette, oggetti d’uso”. Era l’epoca in cui i beni di consumo più ambiti erano la bicicletta, l’orologio e la macchina da cucire (le Tre Grandi Ruote), destinati a essere sostituiti solo nel nuovo Millennio dal trio frigorifero, lavatrice e automobile. Siamo ancora nell’epoca del ‘consumismo di Stato’, come ha analizzato Karl Gerth nel suo Unending Capitalism (Cambridge University Press, 2020), saggio sul consumismo in Cina: la pubblicità-propaganda promuove non tanto i beni di consumo, quanto le infrastrutture al servizio del popolo, come la costruzione di ponti e dighe: di qui la valenza del ponte di Nanchino, simbolo dell’autonomia cinese.
La Cina delle biciclette emerge dalle foto di Aulenti, alla quale viene detto al Palazzo delle Esposizioni di Shanghai che non c’è bisogno di produzione in serie di automobili, riservate ai dirigenti. L’occhio dell’architetta è attento alla conformazione dei quartieri e delle abitazioni, così come ai grandi edifici pubblici come la Sala dell’Assemblea del Popolo, contrappunto magniloquente socialista alla Città Proibita. Non ha modo di confrontarsi con architetti (la Facoltà di Architettura avrebbe riaperto solo nel 1978), né sembra al corrente del dibattito degli anni Cinquanta sulla trasformazione urbanistica di Pechino, con la creazione dei grandi edifici pubblici, i vialoni e le spianate per le sfilate realizzati demolendo porte, mura ed edifici della città antica.
Tratto dal testo Osservando una Cina che non c'è più di Silvia Calamandrei in Cina 1974 di Gae Aulenti (Humboldt Books, 2023)