Long 🐉 - Il futuro arriva ovunque
La casa editrice Future Fiction nasce nel 2014. Ha tradotto più di 80 titoli di cui oltre un quinto dal cinese. Intervista al suo fondatore Francesco Verso
Nata come collana della casa editrice Mincione Edizioni e trasformata in associazione culturale nel 2018, Future Fiction è una piccola realtà editoriale indipendente che all’inizio del 2024 ha spento dieci candeline. Nell’arco di un decennio, tra successi e critiche, è riuscita a ricavarsi uno spazio culturale e ideologico transnazionale, diventando un punto di riferimento per la fantascienza cinese in Italia, e per quella italiana in Cina. Come ci racconta il fondatore Francesco Verso, l’obiettivo di questa piccola casa editrice sempre più influente (anche da un punto di vista economico) è quello di promuovere un futuro capace di decolonizzare l’immaginario italiano e globale, dominato negli ultimi anni “da una sola cultura”, quella anglofona. Nonostante il rischio di promuovere un immaginario “colonizzato” arrivi anche da oriente, è soprattutto in Cina che Verso, scrittore di fantascienza che di Future Fiction è l’anima e il factotum, ha trovato uno spazio come autore e come editor, incarnando con il suo percorso personale e con quello della sua piccola casa editrice l’idea che “il futuro arriva ovunque”.
Francesco, parliamo un po’ di Future Fiction. Qual è il percorso che porta un’opera cinese sugli scaffali delle librerie italiane con il vostro logo? Puoi raccontare l’esempio di un’opera da voi pubblicata di cui andate particolarmente fieri?
Future Fiction è un piccolo editore indipendente e lavora preferibilmente con autori ed editor locali. Nel caso di Nebula, la prima antologia di fantascienza cinese con testo a fronte mai pubblicata in Italia, il contributo di traduttori locali e studiosi cinesi è stato fondamentale per riuscire a selezionare quattro racconti dei migliori autori di fantascienza cinese e poi coordinare il lavoro di traduzione ed editing finale. I nostri libri sono molto curati in quanto inseriamo un’introduzione (in questo caso scritta dal prof. Wu Yan) e altri paratesti come le biografie degli autori per cui c’è voluto più tempo per comporre il testo definitivo. Alla fine, però, Nebula è il nostro libro più venduto, e ancora oggi, a sette di distanza, continua ad essere letto sia nei corsi universitari di molte facoltà di lingue che dalle nostre lettrici e lettori.
Come e quando è nato il vostro progetto editoriale, e con quale obiettivo? La Cina è parte integrante del vostro progetto da sempre o avete pubblicato solo qualche titolo?
Future Fiction nasce dieci anni fa, con l’obiettivo di “decolonizzare l’immaginario” che negli ultimi ottanta anni è stato dominato da una sola cultura, da una sola lingua, da una sola economia e un solo stile di vita, quello occidentale, restituendoci così una visione del futuro molto parziale e riduttiva. Per questo, in questi anni, abbiamo pubblicato più di ottanta volumi in traduzione da quattordici lingue e oltre trentacinque paesi diversi. Che io sappia non esiste un altro progetto del genere al mondo. Abbiamo cominciato a trattare titoli cinesi nel 2017 e da allora abbiamo pubblicato oltre quindici libri di fantascienza, cinque audiolibri e due fumetti offrendo il più ampio catalogo al mondo di libri del genere fuori dalla Cina. Per questo, durante l’ultima WorldCon di Chengdu, ho ricevuto un premio Galaxy per la promozione della fantascienza cinese.
Perché tradurre e pubblicare libri che parlano di Cina nell’Italia di oggi? Perché dedicare attenzione e risorse al mondo cinese?
Noi crediamo che il futuro arrivi dovunque e quindi un paese così grande, profondo dal punto di vista culturale e rilevante da quello socio-economico e politico come la Cina non può essere trascurato, anzi dovrebbe essere incluso nella narrazione globale sul futuro (che si tratti di Big Data, I.A. o cambiamenti climatici la Cina è in prima linea nella ricerca e sviluppo di tecnologie e soluzioni) e in quanto tale andrebbe conosciuto molto meglio. Spesso i pregiudizi derivano dall’ignoranza (anche quella sincera, di chi non conosce) per cui il nostro lavoro contribuisce a far scoprire alcuni elementi di questo paese; in un certo senso colmiamo una mancanza e offriamo prodotti di alto valore culturale che altrimenti non esisterebbero.
Quando pubblicate un titolo cinese, che attese di vendita avete? Qual è l’opera di narrativa in traduzione che ha riscosso maggior successo di critica e/o di vendite? Quale il principale “insuccesso”, e come ve lo siete spiegato?
Da editore indipendente non misuriamo il nostro successo dalle vendite, un indice che lasciamo volentieri a realtà più grandi e commerciali della nostra. In ogni caso Nebula, è il titolo più venduto del nostro catalogo e ha superato in sette anni circa 1300 copie vendute. Noi puntiamo sicuramente di più sul long-seller in quanto ci mettiamo molto tempo per raggiungere il nostro pubblico andando a numerose fiere, convention e presentazioni, e parlando con loro a uno a uno, non potendo spendere per campagne promozionali, influencer sui social e passaggi sui vari media.
Puntiamo sui long-seller perché ci mettiamo tempo a raggiungere il nostro pubblico
La critica apprezza i nostri libri, ci considera dei pionieri e dei visionari che propongono opere che altrimenti non arriverebbero mai sul nostro mercato. Soprattutto ci apprezzano gli studenti e tutti coloro i quali studiano la lingua cinese in quanto – in nostra assenza – non troverebbero altro che “classici” e poco altro, invece leggendo Future Fiction possono scoprire un’altra fetta di letteratura contemporanea, quella che passa dal genere e nello specifico dalla letteratura di speculazione e anticipazione sul futuro. I nostri insuccessi sono più che altro dovuti alla mancanza di comunicazione, che è il nostro limite, se riuscissimo a informare meglio il nostro pubblico, ogni libro avrebbe il successo che merita. Purtroppo in un mercato inondato da migliaia libri al mese su uno scaffale pressoché infinito (come quello di Amazon) il vero problema resta la visibilità.
Si sente spesso parlare di una “guerra fredda” Cina-Usa, in particolare in relazione a una contrapposizione discorsiva che tende a inglobare anche il mondo culturale europeo. Quanto le tensioni ideologiche influiscono sulle scelte editoriali? Quanto hanno influito sulle vostre?
Per quanto riguarda la narrativa di fantascienza e di speculazione, oltre cento anni di produzione culturale anglofona ha di fatto colonizzato l’immaginario di tre generazioni di lettrici e di lettori, tanto che quando abbiamo pubblicato i primi libri di fantascienza cinese le persone stentavano a credere che esistesse qualcosa del genere. Noi lavoriamo per allargare i confini dell’immaginario collettivo e a volte è capitato di essere stati tirati da una parte e dall’altra in questo gioco di forza tra potenze culturali, ma alla fine ci sforziamo solo di costruire ponti culturali invece di nascondersi dietro muri ideologici.
Quanto pesa la difficoltà di invitare gli autori (costi, passaporto, censura...) nella decisione di pubblicare o non pubblicare un libro? Quanto il fatto che siano benvisti o malvisti in patria? Potete farci un esempio?
Grazie al sostegno degli Istituti Confucio di Pisa e di Milano e all’Istituto Confucio dell’Università di Torino, non abbiamo mai avuto grossi problemi a invitare scrittrici e scrittori cinesi in Italia come Xia Jia, Wang Jinkang, Chen Qiufan, Mu Ming e Zhang Ran. Addirittura Xia Jia è venuta tre volte in Italia, ospite di varie università e ha potuto fare un vero e proprio tour di varie città italiane. Quindi per noi vale l’esatto contrario, ci è capitato di anticipare l’uscita di un libro proprio perché sapevamo di poter organizzare degli incontri con l’autrice o l’autore in Italia.
Quando abbiamo pubblicato i primi libri c’era chi stentava a credere che esistesse una fantascienza cinese
Come selezionate i traduttori e quanto intervenite sulle loro scelte “ideologiche”? Come valutereste la decisione di non tradurre il carattere 龙 con espressioni quali “drago” o “dragone”, e di preservare invece il pinyin inserendo una nota a piè di pagina?
Abbiamo diversi canali per selezionare traduttrici e traduttori: in prima battuta alle fiere del libro o alle convention, dove possiamo conoscerci e capire se ci sono margini di collaborazione, poi tramite il passaparola di chi ha già lavorato con noi oppure tramite proposte che ci vengono invitate via mail da traduttrici che avendo letto i nostri libri e conoscendo la nostra linea editoriale, fanno uno scouting preliminare e poi si propongono di tradurre il testo su cui noi investiamo. Tendiamo a lasciare molta libertà nella traduzione, anzi, pubblicando un genere “futuribile” come la fantascienza crediamo proprio che la lingua debba seguire una sua evoluzione linguistica e che quindi vada adattata alle esperienze tecnologiche e ai nuovi dispositivi che plasmeranno il lessico del nostro domani (così come succede già oggi con gli strumenti tecnologici attuali). In linea generale, preferiamo sciogliere il senso di un termine complesso all’intero del testo stesso – anche tramite perifrasi se necessario – e come ultima scelta ricorrere alle note, anche perché ci pare la scelta più consona a un libro di narrativa.
Avete notato se il pubblico italiano reagisce in maniera differente rispetto al pubblico di altri paesi? Se sì, quali sono le differenze più significative? Per esempio, un best seller cinese tradotto in Germania che in Italia non vende o viceversa...
Non saprei, so che la fantascienza cinese è molto apprezzata in Francia, Liu Cixin e Chen Qiufan sono autori di riferimento ma non ho informazioni più dettagliate in merito. Anche la Germania ha iniziato a pubblicare opere di fantascienza cinese e ad organizzare convegni per cui direi che c’è un interesse crescente (se non una semplice curiosità) che andrebbe sostenuto e alimentato nei prossimi anni per permettere di radicarsi in modo duraturo nella filiera editoriale europea.
La Cina è l’alternativa per raccontare un altro domani, un “futuro possibile” diverso da quello immaginato in occidente.
Cosa rappresenta per voi la Cina, e in che modo questa idea si riflette nell’immagine che provate a raccontare al pubblico italiano?
La Cina per me rappresenta l’alternativa che cercavo da anni per raccontare un altro “domani” e un altro “futuro possibile” in un modo diverso da quello occidentale. La Cina mi ha accolto come nessun altro paese e mi ha fatto crescere come autore, come editor, e come persona. Pur senza conoscere la lingua cinese, ho stretto amicizie profonde e conoscenze meravigliose, ho sperimentato l’entusiasmo di un pubblico giovane, attento e curioso che apprezza il lavoro di “decolonizzazione” dell’immaginario e di promozione di altre culture. Ed è quello che cerchiamo di trasmettere al pubblico italiano: l’idea che il futuro non arrivi solo da occidente, l’idea che la diversità sia una ricchezza, la convinzione che la cultura rappresenti l’arma migliore contro il pregiudizio, l’indifferenza e la diffidenza, e anche un po’ di sana speranza in un domani migliore, meno competitivo, più aperto e collaborativo. Tra mille difficoltà economiche e organizzative, ci sforziamo di un essere un buon esempio.
Long 🐉 vi da appuntamento il prossimo 10 maggio con un’intervista a Maria Rita Masci, scout di letteratura contemporanea cinese per la casa editrice Einaudi.